sabato 12 gennaio 2013





LA CANTATA DELL'INVERNO










ATTO PRIMO 


Si abbia o si ricordi
il dondolio agli occhi
cristallini ma sventrati dal tempo
r(i)accolti all'atto primo dell'inverno
giunti col suono di un silenzio
un esilio insonne. 
Si separa e si segna prima
calcificato è  il dolore, sparsa
la condanna è il palco dove cade la neve
- possa ogni cosa riposare nella gloria del bianco - 
Risponderanno ossa nuova di lutto
latte di cartilagine 
e le vocali s'incollano 
come semi di gramigna
che germineranno zolle cave
per Lei, che ora è volta
come  muschio a Nord.



 ATTO SECONDO


La sposa raccolse il frumento del vento

mentre il coro che gettava riso e soldi 

scendeva dai bacini e dalle terrazze.



Spesso si tagliano le mani negli inverni 

sanandole con creme e piccoli calci

saltelli, o virus di bianche bocche che soffiano bora. 


Adesso anche questa spiga

s'incunea come uno strappo nell'abito bianco

come una runa che annuncia il maltempo.





ULTIMO ATTO 

Di lunari. Ma sopra (al) tutto
d' agrumi si spingono i riflessi del bianco
le ossa nei fiocchi che cadono in terra
il gelo - come in moviola - rapisce la neve.

Chi è fuori gocciola di nebbia
fanno penitenza gli omini che slittano sul ghiaccio
ma anche le donne che corrono leste alla tana 
con orecchie di lepre. 

La teoria dell'inverno
reagisce ai calori e ai pulviscoli.
I filari, come croci scalze di vita
si snebbiano nei lampioni.
Altrove,
in una sala con un letto e un balcone
ci alziamo a stento 
e mettiamo tutto in ordine 

poiché s'attende e l'attendiamo 
di traverso o in stato di riposo
quello che potrebbe attraversarci
e farci riposare in nuovo dominio di ghiaccio





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