(II) Svanire nell'aria faccetta bella, è un allunaggio sebbene le macchie lunari si frantumino poco e vivano nel più degli errori e delle inesattezze e se tornare indietro sarà un lago che non bestemmia mica a queste braccia di cinabro e mal'aria ogni singola parte (mi) sarà contestata. Allora possa io risorgere, rifluire staccare, spianarmi nel moto del viaggio che sarà breve, - mettetevi comodi - e in uno dei varchi la risurrezione delle facce, tisiche e fuori fuoco (mi) contenderanno la riva macabri tridenti e rialzati in loco, finiranno, in buono spirito, in un'acetaia e mostreranno due lune tre soli ma ancora una sola vita vecchia. III Rende la carne greve quel pensiero come sceso dalle fate o dalle sagome caduche in un freatico silenzio d'Acqua la cellula che le compone il cuore globuli di poesia delle domeniche allegre fisarmoniche in ipossiemia di sensi. Ma quando cede alla mezz'aria delle sue voci si mette a girare nelle dighe nelle secche, nelle mosche è quella che appare traspare come la miseria frusta. Ogni sogno è sgrezzato, lavato, (ri)costruito, come la prediletta figlia femmina della Luna volante, fra le miglia delle piastrelle dei fiori di limoni un'essenza, decantata un canto dall'altra riva sebbene prenda a macete il primo quarto - che quindi cala a fasce -. Così è spoglia. Le hanno asportato il male dei dubbi incuneato il reale dei vivi spezzandole il braccio, nella via dell'indulto. IV (Ah padrona) spettro nero diafana con le fibbie slacciate nel fiato finché si stende e si rialza riordina le scarpe per uscire scalza a guardare oltre il firmamento e trova il Magreb e la licantropia che le gualcisce l'anima incomposta, allunata dei sospiri rincorsi, (ri)corsi negli uomini al metilene l'ansia chimica dei ricordi assimilata all'essenza il nulla, l'attesa delle stelle la testa inciucia pensieri sottopancia, girata nel dorso, fuori nel cuneo soffocante della bassa marea.